In caso di migrazione sanitaria, un caso delicato riguarda i pazienti oncologici. Partiamo con alcune cifre. In Italia circa 3 milioni e 600 mila persone vivono dopo una diagnosi di tumore, ovvero il 5,7 % della popolazione.
Per colmare carenze e ritardi del servizio sanitario nazionale, queste persone spendono mediamente ogni anno 1.841 euro. La stima è il risultato di un’indagine promossa dalla Favo e realizzata da Datamining, in collaborazione con AIMAC, e gli Istituti Nazionali dei Tumori di Milano e Napoli. Lo studio ha coinvolto quasi 1.300 pazienti, ed è stato presentato lo scorso 14 aprile nella Sala Stampa della Camera dei Deputati di Montecitorio.
Tra le voci di spesa più impattanti ci sono quelle relative ai mezzi di trasporto. A seguire: il costo degli esami diagnostici e quello per l’alloggio lontano dalla propria residenza, poi le visite specialistiche successive alla diagnosi e le spese relative all’acquisto di farmaci non oncologici.
Inoltre, come specifica il rapporto Censis 2018, questa somma è una spesa che grava su famiglie che sono già sotto stress economico (oltre che ovviamente psicologico e fisico). Mediamente il paziente malato perde circa 10.000 euro l’anno come mancati guadagni; mentre 6.000 ne perde il familiare accompagnatore, il quale nel 70% dei casi riconosce che ha subito dei cambiamenti al lavoro, nel 20% dei casi lo ha proprio dovuto lasciare, e addirittura nel 2% dei casi è stato licenziato.